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Pietracamela

Il piccolo borgo di Pietracamela nasce in prossimità del corso del Rio Arno a 1005 m. di altitudine, alle falde settentrionali del massiccio del Gran Sasso d’Italia, dominando il vasto panorama lungo il versante teramano. Il paesaggio che lo avvolge è caratterizzato dalla presenza di pendii scoscesi, ricoperti da una prosperosa vegetazione costituita in prevalenza da boschi di faggio di aschiero. Il centro, arroccato su di una pendice montana e sormontato da un roccione incombente, ha considerevole fattura antica, infatti il suo impianto architettonico, costituito da edifici elevati con ciottoli e pietre unite da legante, caratterizzano gli stretti vicoli sormontati da piccoli balconi e che fanno da cornice a terrazzine-belvedere nel rispetto dei canoni architettonici autentici del tempo. Il territorio comunale è l’unico della provincia di Teramo interamente annesso all’area del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, nel 1991 nel comprensorio del Comune è stata istituita la riserva naturale del Corno Grande di Pietracamela ed è menzionato nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia dal 2007.

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La Storia

 

La pochezza delle fonti storiche impedisce di risalire all’esatta origine del borgo ed il periodo in cui vi nacquero i primi insediamenti, tuttavia gli autori locali narrano che a monte e valle del villaggio sorgessero tre piccoli centri: Plicanti, Riouso e San Leucio di cui sopravvivono scarsi resti. Alcune delle ipotesi sulle origini dell’insediamento attribuiscono la fondazione del paese a popolazioni abruzzesi che si stabilirono intorno al dodicesimo secolo tra i monti, ritenuti luoghi più sicuri per difendersi dalle invasioni nemiche, altre individuano come possibili fondatori del borgo gruppi di pastori o cardatori di lana provenienti dalla Puglia.

Le fonti storiche datate XIV secolo riportano il solo toponimo di Petra, in seguito, il paese è stato individuato con il nome di Petracameri, Petra Camerii, Petra Camelis oppure Camelii ed, ancora, Castri Camelorum e oppida Prete Camelorum. Nel XVII secolo, in alcuni documenti si trova come Petra Cimmeria, mentre dal XVIII secolo è citato come Pietra Camela e così riportato nella dedica che il Gravina rivolse a Ferdinando Paolo di Mendoza nel 1717. Al fine di attribuire un preciso significato a questo toponimo, gli storici sono univocamente concordi nello scomporre il nome del paese nelle due parole: Pietra e Camela. Al termine Pietra è assegnata l’origine etimologica derivante dal lemma paleo-italico petra, che vuol dire: pietra, roccia. Parola idonea a descrivere la presenza del grosso macigno che sovrasta l’intero centro abitato. Sul termine Camela vi è molta incertezza ed stato oggetto di diverse ipotesi interpretative, quali:
Cimmeria – Parola che potrebbe essere legata al popolo dei Cimmeri stanziatosi nel I millennio a.C. nell’area territoriale del Mezzogiorno d’Italia. Ernesto Giammarco scrive che la nomenclatura di Petra Cimmeria poteva indicare un «luogo abbastanza tetro e cavernoso» che poi mutò in Pietra Camela per descrivere la forma a gobbe di cammello del macigno roccioso che sovrasta il paese. L’ascolano Renzo Roiati formula un’ulteriore ipotesi attingendo dal presupposto riferito dallo storico Febo Allevi che ricondurrebbe la parola Cimmeria alla varroniana Sibilla Cimmeria. Negli scritti di Allevi si legge: «La Sibilla Cimmeria è proiettata molto innanzi negli anni, viene in genere accostata a quella di Cuma e le sue tracce sono presenti nella direttrice che, passando per Amatrice tocca il Gran Sasso e, alta sulle valli del teramano e del basso Piceno, era un tempo una Pietra Cimmeria, oggi Preta Camela»;
Cameria – Alcuni autori, tra i quali Luisa Franchi Dell’Orto ed Ernesto Giammarco, riconducono questo termine alla radice camar o camer, ricorrente nelle denominazioni di località appenniniche dell’Italia centrale e dell’Abruzzo, ricollegabile anche all’espansione del popolo italico dei Camerti che fu presente sul versante adriatico dell’Appennino centrale.Denominazione, (Petra Cameria), che si trova riportata su una lapide del borgo murata presso casa Peretti. Lo stesso nome Cameria si ritrova affiancato al termine Pietra nei documenti presso l’Archivio Comunale del Catasto Pre-Onciario del paese risalenti all’anno 1694 in cui compare l’intestazione di “Universitas Terrae Petre-Cameriae”;
Cacumeria – A voler significare: pietra in cacumine, denominazione che potrebbe indicare la presenza della grossa pietra posta alla sommità del paese;
Cumerij – Termine che potrebbe derivare dal lemma latino: “cumerum, i” o “cumerium, ii”, che ne descriverebbe la caratteristica montuosità del territorio;
Camela – Denominazione di uso corrente che potrebbe trovare la sua origine dalla corruzione della parola Cameria. Nell’Archivio Comunale si trova un documento che descrive il nome del borgo come Pietra Camela seu Cameria.


Le prime citazioni documentate dell’esistenza certa del paese risalgono all’anno 1324, quando, individuato con il solo nome di «Petra», è stato nominato a proposito della decima che la chiesa di «San Leutii de Petra in Valle Siciliani» era tenuta a pagare per l’annualità della VII indizione. In seguito, altre menzioni del paese si rintracciano durante i periodi delle dominazioni degli angioini e della Corona d’Aragona, tempi in cui il borgo fu feudo della nobile famiglia degli Orsini. Nell’anno 1454 re Alfonso convalidò il possedimento di «Petracameria» a Giacomoantonio Orsini dopo la morte del padre Giovanni. In seguito, nel 1496, il borgo fu unito al contado aquilano a seguito alla congiura dei baroni. Nell’anno 1479, Antonello Petrucci mediante la stipula di un atto di vendita trasferì la proprietà delle terre e dei castelli della Valle Siciliana, tra cui «Petram Camelis seu Camelii», a Pardo Orsini, uomo che sposò Dianora Petrucci figlia di Antonello. Nel 1495, re Carlo VIII confermò a Pardo Orsini il possedimento di «Petra Camelis» ed ancora, nel 1502, la terra di «Petre Camelorum» fu restituita allo stesso Pardo da re Luigi XII.

Dal 1526 al 1806, le vicende storiche del borgo si legarono alle stesse della Valle Siciliana, area che includeva territori e paesi compresi tra il fiume Vomano e il fiume Mavone. Nel 1526 l’intera valle fu donata da Carlo V d’Asburgo a don Ferdinando (o Ferrante) Alarçon y Mendoza, condottiero spagnolo noto per essersi distinto nell’ assedio di Pavia del 1525. Ferdinando fu nominato marchese della Valle Siciliana e assegnatario anche della baronia di «Petra Camerii», infeudata fino ad allora a Camillo Pardo Orsini. I discendenti della famiglia Mendoza conserveranno il possesso del borgo fino all’abolizione del feudalesimo. Risale all’anno 1590 l’elevazione delle fortificazioni erette per volontà di Marcellus Carlonus, governatore della Valle Siciliana. Nel 1669, il paese annoverava 34 fuochi, come riportato nella conta che il marchese fece della valle. Gli atti notarili dall’anno 1697 attestarono la presenza della Confraternita del Rosario nella chiesa di San Leucio.

Nel periodo dell’occupazione francese, Matteo Manodoro, insorgente pretarolo e sostenitore dei diritti di re Ferdinando IV di Napoli, nell’anno 1779, si mise a capo di una massa che contrastava le truppe francesi di Napoleone III abbattendo gli alberi della libertà e piantando al loro posto la croce. Manodoro si scontrò con i Francesi e li sconfisse più volte, ma questi ultimi giunsero a Pietracamela ed incendiarono la sua casa mettendo a sacco il borgo. Nel 1806, anno in cui il governo napoleonico riformò le circoscrizioni territoriali, le sorti del borgo si slegarono dal governato della Valle Siciliana poiché il territorio della provincia teramana fu ripartito nei due distretti di Teramo e Penne, entrambi soggetti alla dominazione francese. Nel 1860, con la fine del Regno Borbonico, il paese fu unito al Regno d’Italia.